Parashat Vaetchannàn

“Saper ascoltare”
a cura di Daniele Cohenca

Il libro di Devarìm rappresenta il “testamento” di Moshè che lascia al suo successore Yehoshua ed a tutto il popolo, le istruzioni e i debiti ammonimenti per il loro futuro.
Nella Parashà che leggeremo il prossimo Shabbàt, Vaetchannàn, leggiamo quanto segue:
Moshè si rivolge ai  Giudici  dicendo loro: ascoltate le questioni che sorgeranno fra i vostri fratelli e giudicate con giustizia fra un individuo e il proprio fratello o un proselita. Non abbiate riguardi nel giudicare; porgete ascolto al piccolo come al grande, non abbiate timore degli uomini perché la giustizia appartiene a Dio. Se qualche caso fosse troppo difficile sottoponetelo a me ed io lo ascolterò.
Questi versi sono di facile interpretazione: Moshè avverte i Giudici di essere molto cauti nel giudicare, di non fare differenze tra le persone e nemmeno tra le cause; “giudicate la questione di un dinar (somma irrisoria) come quella di un talento (somma invece molto rilevante – Rashì)”.
Ma se leggiamo con attenzione, troviamo due volte la parola “ascoltare”; ai Giudici si chiede infatti di non essere precipitosi nell’emettere la sentenza, anche se questa si presenta banale e di ascoltare attentamente tutte le parti in causa. Infine, Moshè dice loro che qualora si fosse presentata una situazione complessa, avrebbero potuto rivolgersi a lui che avrebbe “ascoltato” (ci sono diverse interpretazioni a questo proposito).
La Torà e lo stesso Moshè sono molto attenti alla terminologia ed in questo caso è assolutamente voluto il verbo “ascoltare”. E’ abbastanza ovvio che i Giudici debbano essere imparziali, che debbano valutare attentamente tutte le fasi del dibattimento e che debbano infine sentenziare correttamente! Quello che viene chiesto loro è di imparare ad “ascotare”, di sentire tutti e tutto quello che hanno da dire; la stessa cosa dice Moshè il quale dice di rivolgersi a lui non tanto perchè possa emettere una sentenza forse difficile, ma perchè possa anch’egli ascoltare e dare il suo contributo.
Per la nostra indole siamo troppo spesso portati a giungere a conclusioni affrettate, a non lasciare parlare gli altri perchè comunque “abbiamo ragione noi”. La cosa si ripercuote anche in questioni banali e quotidiane: non siamo più capaci di “ascoltare”! Spesso le persone hanno bisogno di confidarsi, di avere un orecchio attento o semplicemente di raccontare, senza chiedere poi nè pareri nè giudizi; ma troppo spesso la nostra fretta (o la nostra acclamata “superiorità”) ci impedisce di “ascoltare” e di portare al prossimo un aiuto davvero semplice ma spesso di grande valore.
Se Moshè non avesse “ascoltato”, probabilmente non saremmo qui oggi…