Questo Shabbàt a Dio piacendo, inizieremo la lettura del quarto libro della Torà che è chiamato Bemidbàr – “nel deserto”; Come dice il “titolo”, in questo Sèfer vengono narrate le vicende del pellegrinaggio dei figli d’Israele nel Deserto – appunto – da quando lasciano il Monte Sinai fino a quando, dopo quasi quarant’anni, raggiungeranno la piana di Moàv, prossimi all’ingresso nella Terra promessa.
Tuttavia, il libro è noto anche come “libro dei conteggi” o “numeri”, come viene comunemente definito, per il fatto che più volte vengono contati gli abilitati alle armi, quindi viene descritta la disposizione dell’accampamento per tribù ed i numeri che lo compongono. Ci sono diversi motivi per i quali il popolo viene censio; lo Sforno ad esempio, spiega che il censimento degli uomini abili alle armi era stato fatto proprio nel capo mese del secondo anno dall’uscita dall’Egitto (come specificato con precisione nei primi versi della nostra Parashà) perché, se non fosse stato per il peccato degli esploratori (che verrà narrato in seguito), il popolo d’Israele sarebbe entrato nella Terra Promessa, senza bisogno di confrontarsi con le popolazioni che la abitavano, ma conquistando il territorio in maniera assolutamente pacifica. Dal momento che a causa dei loro errori, toccherà combattere, la Torà ci anticipa quanti sono gli uomini che saranno costretti alle armi.
Come leggiamo nella nostra Parashà, Il censimento doveva essere fatto “contando i nomi” ; lo Sforno scrive che il conto doveva essere fatto in questo modo perché tutti gli uomini della generazione dell’Esodo erano designati dai rispettivi nomi che ne riflettevano la statura e il carattere e non semplicemente da “un numero di carta di identità”, come diremmo oggi.
Il nome infatti non ha solamente un mero scopo identificativo, ma definisce le persone nel loro modo di essere più intimo, come suggerito all’inizio del secondo del secondo Libro della Torà che si chiama proprio “Shemòt – Nomi”, dove vengono elencati i nomi dei figli di Yaakòv che scesero in Egitto; a proposito di questo, sempre Sforno commenta: “Coloro che vengono qui menzionati erano degni di essere chiamati con il loro nome, che ne rifletteva il carattere e la statura. Questi uomini durante la loro vita furono un faro di luce cosicché la loro generazione non degenerò…”
Il quarto libro della Torà ci insegna che nonostante i nostri difetti ed i nostri errori, non saremo mai “dei numeri” di fronte al Signore, ma “dei nomi”; è infatti vietato contare gli Ebrei per numero…