Sheminì – Shabbat Parà

וַיֹּאמֶר משֶׁה אֶל אַהֲרֹן הוּא אֲשֶׁר דִּבֶּר יְהֹוָה | לֵאמֹר בִּקְרֹבַי אֶקָּדֵשׁ וְעַל פְּנֵי כָל הָעָם אֶכָּבֵד וַיִּדֹּם אַהֲרֹן:

(Lev.10:3).

Nel giorno delle celebrazioni per l’inaugurazione del Mishkan del deserto – frutto del lavoro di abili artigiani ma del contributo di tutto il Popolo Di Israele, la Famiglia di Moshè e Aharon viene segnata da una tragedia che sconvolge profondamente; i due figli di Aharon – Nadav e Avihu’ – entrano nel Mishkan e accendono un fuoco per bruciare il loro Ketoret (incenso). Immediatamente scende un fuoco dal cielo che “consuma” Nadav e Avihù che dunque muoiono di fronte a tutto il Popolo.

La reazione di Moshè e Aharon è singolare e rappresenta per noi un messaggio di Fede senza precedenti:

וַיֹּאמֶר משֶׁה אֶל אַהֲרֹן הוּא אֲשֶׁר דִּבֶּר יְהֹוָה | לֵאמֹר בִּקְרֹבַי אֶקָּדֵשׁ וְעַל פְּנֵי כָל הָעָם אֶכָּבֵד וַיִּדֹּם אַהֲרֹן:

(Lev.10:3).

Rashi

אמר לו משה לאהרן אהרן אחי,  יודע הייתי שיתקדש הבית במיודעיו של מקום והייתי סבור או בי או בך, עכשיו רואה אני שהם גדולים ממני וממך.

“Moshe disse ad Aharon : ‘fratello mio, sapevo che il Mishkan sarebbe stato santificato attraverso persone molto vicine ad Hashem e pensavo a me o a te: adesso ho visto che loro (Nadav e Avihù) sono più grandi di me e di te’”.

Numerosi commenti  – chiaramente obbligati dal Testo – cercano quale fosse la colpa dei figli di Aharon così grave da meritare una simile morte in un giorno così speciale: ma le parole di Rashì ci fanno capire come, nel loro gesto, ci sia stato qualcosa di davvero grandioso, addirittura da superare la grandezza degli stessi Moshè e Aharon.

Prendendo spunto da un lungo discorso di Rav Sacks, Rabbino Capo del Regno Unito, cercheremo di spiegare quali fossero le reali intenzioni di Nadav e Avihù e cosa questo episodio può insegnare alle generazioni.

Nadav e Avihù erano persone speciali, tanto da essere disposti a morire nel Santuario, a versare il loro sangue in nome del Mishkan che, di fatto , inizia a funzionare immediatamente dopo la loro morte con il fuoco che brucia il Sacrificio.

Il sangue è un elemento ricorrente nella storia del Popolo Ebraico e non solo in termini di sofferenza e crudeltà; la nostra storia, come Popolo di Hashem, inizia con il sangue Il primo Patto che Hashem stabilisce con Avraham è quello del Brit Milà per il quale la Halahà stabilisce che, in ogni caso, l’obbligo del Mohel è quello di far uscire del sangue.

210 anni dopo la nascita di Yaa’kov, Hashem decide che è giunto il momento di far uscire il Popolo dall’Egitto e la prima delle Makot è proprio quella del sangue.

Siccome gli Ebrei in Egitto non avevano grandi meriti, Hashem chiede loro un atto di fede: prendere pubblicamente un agnello, custodirlo 5 giorni in casa, farne la Shehità e segnare le porte con il sangue di questo agnello. Questo, unitamente al sangue del Brit Milà, rappresentava per Hashem la garanzia che il Popolo avrebbe seguito i Suoi dettàmi e le Sue Leggi.

La nostra storia è segnata da Mizvot legate al sangue.

C’è poi una Mizvà Lo Ta’assè della Torà che vieta espressamente di nutrirsi di sangue:

כִּי נֶפֶשׁ הַבָּשָׂר בַּדָּם הִוא…כָּל נֶפֶשׁ מִכֶּם לֹא תֹאכַל דָּם וְהַגֵּר הַגָּר בְּתוֹכְכֶם לֹא יֹאכַל דָּם…כִּי נֶפֶשׁ כָּל בָּשָׂר דָּמוֹ בְנַפְשׁוֹ הוּא וָאֹמַר לִבְנֵי יִשְׂרָאֵל דַּם כָּל בָּשָׂר לֹא תֹאכֵלוּ כִּי נֶפֶשׁ כָּל בָּשָׂר דָּמוֹ הִוא כָּל אֹכְלָיו יִכָּרֵת:

(Vaykrà 17: 11,12,13)

In questi Pesukim si capisce chiaramente come il Dam (sangue) sia legato all’anima dell’essere umano: non può infatti esistere un’anima vivente senza sangue, in quanto il sangue è la vita dell’anima e del corpo. Il sangue circola nel nostro corpo attraverso un sistema perfetto, si ripulisce autonomamente, si rigenera e dà vitalità a tutti gli organi. Il sangue e il corpo umano sono un tutt’uno indivisibile.

Il Mishkan prima e il Bet Hamikdash successivamente, rappresentavano un microcosmo all’interno del creato; un sistema unico e straordinario dove non vigevano le leggi fisiche di spazio e tempo che regolano il mondo in cui viviamo. Il Mishkan e il Bet Hamikdash rappresentavano una prova tangente e inconfutabile della presenza FISICA di Hashem nel mondo e di questo il nostro Popolo, allora come oggi, ne ha sempre avuto un bisogno assoluto.

Il sangue è la vita. Hashem e la Torà sono la nostra vita. Le Mizvot sono la nostra vita. Il Mishkan era e sarà (presto, nei nostri giorni, Amen) la nostra vita. Questi sono valori talmente fondamentali che per la loro difesa non esiste limite. Nadav e Avihù avevano a cuore questi valori, per loro il Mishkan era come il sangue nell’anima dell’essere umano e non potevano sopportare di aspettare un solo attimo prima che Hashem vi portasse la Sua Shechinà. Per loro non è stato un sacrificio, per loro era ovvio che avrebbero dovuto fare qualcosa e farlo subito; avevano capito – più di Moshè e Aharon – che il Mishkan era vitale per la sopravvivenza del Popolo ebraico, come lo è il sangue per il corpo umano.

Ogni Ebreo sulla Terra ha una sua “linea rossa”, un limite oltre al quale il suo animo non riesce ad andare e oltre il quale sarebbe come separare il sangue dal corpo. Un limite invalicabile per il cui rispetto nella persona scatta un sistema automatico di autodifesa, anche a costo della vita. Ognuno di noi sa bene a che punto della sua anima di Ebreo è posizionata questa linea rossa.

Per Nadav e Avihù questa linea rossa era rappresentata dalla necessità assoluta di un rapporto con la Shehinà, per loro l’essenza di ciò che è Kodesh è un valore imprescindibile.

E’ scritto nell’ultima Parashà della Torà:

מְעֹנָה אֱלֹהֵי קֶדֶם וּמִתַּחַת זְרֹעֹת עוֹלָם וַיְגָרֶשׁ מִפָּנֶיךָ אוֹיֵב וַיֹּאמֶר הַשְׁמֵד:

“Al di sopra (hai in aiuto) Hashem l’Eterno, qui in basso (hai in aiuto) braccia eterne (Hashem): Egli scaccerà il nemico da davanti a te e dice “distruggi” . “

(Deut. 33: 27)

“La kedushà è lo spazio in cui noi liberiamo la nostra esistenza dalla semplice contingenza sapendo che siamo costantemente stretti da “braccia eterne”. “ (Citazione da Rav Jonathan Sacks, commento alla Parashà di Sheminì 5773).

PARASHAT PARA’
Questa settimana leggiamo anche il brano della Torà relativo alla “vacca rossa” – Parà Adumà – le cui ceneri servivano per purificare le persone che avevano avuto contatto con cadaveri: dal momento che il Sacrificio Pasquale – Korban Pesach  era permesso solo a chi fosse puro, i Maestri hanno stabilito di leggere questo passo uno dei Sabati più vicini a Pesach (non quelli in cui vi sono altre “dediche” particolari.