Sia questa parashà che quella precedente iniziano con il numero diciassette. In quella precedente Yossèf aveva diciassette anni. In questa, ci viene subito detto che Yaakòv rimane visse in Egitto (gli ultimi) diciassette anni della sua vita. Questi numeri, Scrive Rav Soloveitchick nel suo commento, non sono una coincidenza. Gli insegnamenti impartiti da Yaakòv nei primi diciassette anni di Yossèf furono necessari per dargli la forza di resistere nelle avversità. Arrivato in Egitto, Yaakòv si rese conto che suo figlio in una posizione di comando così rilevante, rischiava di diventare arrogante e poco sensibile. C’era il pericolo che dopo la morte di Yaakòv, Yossèf diventasse un leader arrogante come molti altri. I diciassette anni di Yaakòv in Egitto furono necessari per dare a Yossèf la forza di resistere alle tentazioni del potere che tende a corrompere.
Mentre Avraham e Yitzhak trasmisero il loro retaggio spirituale ai figli, essi non ebbero un rapporto diretto con i nipoti e non ebbero modo di influenzarli se non indirettamente. Yaakòv invece ebbe un rapporto diretto con i nipoti e trasmise la Tradizione, di Avraham ai nipoti. Egli fu il primo a dare una benedizione ai nipoti. E questa benedizione egli la diede ancora prima di benedire i propri figli. Nella famiglia di Yaakòv non c’è stato quel salto generazionale che invece ha caratterizzato le famiglie di Arvahàm e Yitzhak.
Yossèf sapeva ben quale era l’importanza di tramandare le Tradizioni e volle emulare il padre Yaakòv. Alla fine della Parashà leggiamo infatti come fece di ancora più di Yaakòv, creando un rapporto diretto con un’ulteriore generazione, non solo con i nipoti come suo Padre aveva fatto. Per questo è scritto: “Yossèf vide i figli della terza generazione di Efràim; anche i figli di Makhìr, figlio di Menashè, crebbero sulle ginocchia di Yossèf”.