Rav Sacks: la parola

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La preghiera è il nostro intimo dialogo con l’Infinito, l’espressione più profonda della nostra fede che dimostra come al centro della realtà ci sia una Presenza che si prende cura, un Dio che ascolta, una Forza creatrice che ci ha fatto nascere e ci accompagna con amore. È questo credo che più di ogni altra cosa, ci salva dalla solitudine e separa il destino dalla tragedia. L’universo ha uno scopo. Tutto e tutti abbiamo uno scopo. Per quanto piccoli o infinitesimali siamo, per quanto breve sia la nostra permanenza sulla terra, ognuno di noi è importante ed assume un ruolo esclusivo nella vita dell’interi Universo. L’universo è molto più di un insieme di particelle di materia che ruotano all’infinito in uno spazio sconosciuto e passivo; l’essere umano è molto di più di una concatenazione accidentale di geni che si replicano ciecamente senza un disegno preciso. La vita umana è più di “una storia, raccontata da un idiota, piena di suono e rabbia, che non significa nulla”.
Ciò che dà senso a tutto ciò, ciò che dà senso alla nostra esistenza è la preghiera. È sempre possibile credere diversamente. Ci può essere una vita senza fede o preghiera, così come ci può essere una vita senza amore, o risate, o felicità, o speranza. Ma è una vita limitata, vissuta osservando il tempo che scorre, priva di dimensioni, di profondità e aspirazione. Cartesio disse: “Penso, quindi sono”. L’ebraismo dice: “Prego, quindi non sono solo”. Ci vuole coraggio per credere. Gli ebrei non hanno bisogno di prove dell’apparente ingiustizia che incombe sugli eventi; è scritto in caratteri cubitali sulle pagine della nostra storia.
Quando è nato il Popolo ebraico dopo l’uscita dall’Egitto, gli ebrei non avevano né potere né gloria terrena. Per la maggior parte dei quaranta secoli della nostra storia, i nostri antenati vissero dispersi in tutto il mondo, senza una casa, senza diritti, troppo spesso sperimentando persecuzioni e dolori. Tutto ciò che avevano era un Dio invisibile e la linea che li collegava a Lui: le parole della preghiera prima, il Siddur che le contiene dopo. Tutto ciò che avevano era la fede. Nell’ebraismo la fede non viene analizzata, ma preghiamo con essa e per essa. Non filosofeggiamo sulla verità: la sperimentiamo e la esprimiamo. Per l’ebraismo, la fede diventa reale quando si trasforma ed evolve in preghiera. Nella preghiera parliamo ad una Presenza che va oltre l’universo insondabile ma è più vicina a noi di quanto non lo siamo a noi stessi: il Dio al di là del mondo, che è anche la nostra Voce interiore. Anche se le parole non bastano a descrivere un Essere al di là di tutti i parametri del parlato, non abbiamo altri mezzi per farlo e questo “poco” ci è comunque sufficiente. Perché Dio che ha creato il mondo con le sue parole e che ha rivelato la Sua volontà attraverso le sue espressioni, ascolta le nostre parole di preghiera. Il linguaggio è il ponte che ci unisce all’Infinito. Nella preghiera Dio diventa non una teoria ma una Presenza, non un fatto ma una modalità di relazione. La preghiera è dove Dio ci incontra, nel cuore umano, nelle parole che gli offriamo, nella nostra riconosciuta vulnerabilità.